La Puglia è la prima regione italiana per emissioni di CO2
La Puglia è la regione d’Italia che nel 2013 continua a registrare il numero più elevato di emissioni di CO2,, pari a 31.988 migliaia di tonnellate di CO2, anche se tra il 2012 ed il 2013 le emissioni sono calate del 16,3%, pur vedendo la cessazione d’attività di solo 1 impianto.
“Complessivamente la riduzione delle emissioni regionali, anche per effetto della contrazione della produzione industriale provocata dal persistere della crisi economica, è in linea con la dinamica in atto a livello nazionale. Le politiche di incentivazione alle rinnovabili, di promozione dell’efficienza energetica ed il meccanismo di Emission Trading Scheme, hanno permesso di ridurre ulteriormente le emissioni nell’ultimo decennio oltre all’effetto crisi. Tra queste misure, l’ETS ha permesso di ridurre le emissioni di CO2 al minor costo per imprese e collettività” - ha dichiarato Guido Busato, Presidente di EcoWay che prosegue – Il sistema ETS ha dimostrato dunque la sua validità, ma è necessaria maggiore semplificazione burocratica e misure che ne migliorino l’efficacia per consentire alle imprese di investire risorse in progetti di miglioramento tecnologico che riducano ulteriormente le emissioni di gas climalteranti"
I settori industriali coinvolti
In Puglia, nel 2013, il settore industriale delle utilities rappresenta il 67,4% delle emissioni totali, seguito da metallurgia (21,8%), cementifici (4,3%), altro (3,1%), raffinazione (2,6%), vetro (0,8%), laterizi e ceramiche (0,1%), carta (non ci sono impianti).
Il panorama nazionale
Nel 2013 le aziende italiane che partecipano al mercato europeo di scambio delle emissioni di CO2 (Emission Trading Scheme), hanno registrato una diminuzione delle emissioni di gas ad effetto serra pari all’8,2% rispetto al 2012, e una riduzione del 27,3% rispetto al 2005 (anno di entrata in vigore dei limiti imposti dall’UE).
Il livello di emissioni degli impianti industriali che registrano le maggiori emissioni di CO2 – circa 1.124 in Italia, che producono più del 40% delle emissioni di gas effetto serra totali nazionali - si riduce quindi di 15 milioni di CO2 ton, passando da 179 milioni di CO2e ton nel 2012 a 164 milioni di CO2e ton nel 2013.
I permessi ad emettere assegnati nel 2013 alle aziende sono ancora in eccesso (+6,3%) rispetto alle emissioni, anche se il delta si dimezza rispetto al 2012.
I settori industriali – distribuzione e variazioni delle emissioni
Nel 2013 gli impianti di produzione di energia appartenenti alla categoria “utility” e che fanno capo a circa 80 gruppi societari, sono stati responsabili per oltre il 55% delle emissioni coperte da ETS. Gli impianti di raffinazione (18), contribuiscono invece per il 12% delle emissioni complessive.
Risulta così che il 67% delle emissioni sotto ETS in Italia viene gestito da meno di 100 gruppi societari.
Il settore della calce e del cemento si colloca al terzo posto con il 10%. A seguire il settore della siderurgia e metallurgia (8%); il settore della carta con il 3%, ed i settori del vetro, dei laterizi e della ceramica (2%).
Il settore industriale che ha registrato le maggiori diminuzioni delle emissioni rispetto all’anno scorso è quello delle utility (-11,65%), seguito dal settore della calce e cemento (-10,94%) e siderurgico (10,88%). Nel settore delle “utility” la riduzione delle emissioni è dovuta al calo della domanda ed al contributo delle rinnovabili che hanno generato negli ultimi anni un progressivo ridimensionamento dell’attività di quasi tutti gli impianti e in alcuni casi hanno portato al fermo totale.
L’industria delle costruzioni è indubbiamente uno dei settori più colpiti dalla crisi, mentre il dato della performance del comparto siderurgico italiano è stato segnato da crolli di attività di alcuni impianti di primaria importanza, anche se molti altri impianti italiani del settore hanno continuato ad investire in tecnologia e ottimizzazione dei processi, migliorando così la performance ambientale per unità di prodotto.
Il settore della raffinazione segue con una riduzione di emissioni tra 2012 e 2013 pari al 7% ed il settore del vetro riduce anch’esso le emissioni del 4,02%. Anche nel settore della carta le emissioni calano, ma solo del 2% nonostante l’uscita dallo schema ETS di 18 impianti (-12% degli impianti del settore). Gli unici settori che registrano un aumento delle emissioni sono quello della ceramica e laterizi ed il gruppo generico degli impianti di combustione “altro”. Aumento che in entrambi i casi è dovuto all’ingresso di nuovi impianti nel raggio d’azione dell’ETS.
Si noti infatti che nel 2013 sono entrati nuovi settori in normativa ETS: ceramiche, laterizi, produttori di metalli non ferrosi.
Geografia italiana delle emissioni:
Nel 2013 la Puglia è la regione d’Italia che continua a registrare il numero più elevato di emissioni di CO2 (19,5%), anche se tra il 2012 ed il 2013 le emissioni sono calate del 16,3%, pur vedendo la cessazione d’attività di solo un impianto.
Lombardia e Sicilia si confermano rispettivamente al secondo (13,3%) e terzo posto (11,8%).
Tutte le prime 10 regioni hanno registrato una riduzione delle emissioni tra il 2012 ed il 2013 ad eccezione dell’Emilia Romagna, che aumentando del 58% il numero d’impianti coinvolti (prevalentemente del settore ceramico), vede le proprie emissioni aumentare dell’8,5%, fino a 10.269.000 CO2e ton.
Scenario internazionale
Tra il 2013 ed il 2014 a livello internazionale continuano a diffondersi strumenti di emission trading per la gestione delle politiche di controllo ai cambiamenti climatici. In particolare il modello europeo è diventato un riferimento anche per molti Paesi extraeuropei tra cui ad esempio: Kazakistan, Corea del Sud (in partenza a gennaio 2015), USA (California e Stati della costa nord-atlantica), Canada (Quebec e Alberta).
In particolare la Cina ha avviato nel 2013 schemi ETS pilota nelle province a più elevato tasso d’inquinamento ed ha inserito la lotta ai cambiamenti climatici e l’adozione di un ETS a livello nazionale nel piano quinquennale 2016 – 2021. Nel 2015 sarà l’anno della COP di Parigi, un’occasione unica per comprendere il futuro delle politiche internazionali di lotta ai cambiamenti climatici.
Emission Trading Scheme (EU-ETS): cos’è, come funziona, gli obiettivi
Nato all’inizio del 2005 in linea con il protocollo di Kyoto, l’EU-ETS è il primo mercato internazionale per lo scambio di quote di emissioni sviluppato dall’Unione europea con l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra prodotte dalle imprese al minor costo per imprese e collettività.
Il mercato ETS nel 2013 conta oltre 12.000 impianti industriali, di cui 1.124 in Italia, che producono circa il 40% delle emissioni totali di gas effetto serra generate in Europa. Dal 2012 fanno parte del sistema ETS oltre 300 compagnie aeree europee.
L’EU-ETS è uno strumento economico di politica ambientale, di tipo “cap and trade” applicato alle emissioni di gas serra, che fissa un tetto alle emissioni per le imprese ed è costituito da un mercato dei permessi di emissione. Il cap o tetto massimo di emissioni è espresso in numero di permessi ad emettere (EUA) che vengono distribuiti ad asta o in assegnazione gratuita ai gestori d’impianto. Il cap (o numero di permessi) cala di anno in anno per garantire che a livello aggregato si raggiungano gli obiettivi di riduzione prefissati. Le aziende sono libere di scegliere se efficientare i propri processi produttivi riducendo le emissioni generate e vendere i permessi in eccesso (opzione make), o se superare i limiti di emssione ed acquistare da altri operatori un numero di permessi pari alle emissioni prodotte in eccedenza (opzione buy).
La Direttiva comunitaria ha suddiviso l’EU-ETS in tre fasi: dopo un primo periodo pilota triennale di apprendimento (2005-2007), si è aperta una seconda fase (2008-2012), in cui l’Europa ha predisposto limiti più rigorosi per le quote di emissione. Nel 2013 è iniziata la terza fase che si protrarrà fino al 2020 e che presenta numerose novità in termini di applicazione, modalità di assegnazione e gestione delle quote e monitoraggio delle emissioni.
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