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Ultimo aggiornamentoSab, 03 Ago 2024 2pm

Corte europea: non è stata Ilva a causare leucemia a donna tarantina

Non c’è prova che siano state le emissioni inquinanti dell’Ilva a causare la sua leucemia ad una donna tarantina. In tal senso si erano pronunciati anche i tribunali italiani ma ora a stabilirlo è pure la Corte europea dei diritti umani che ha dichiarato inammissibile il ricorso contro l’Ilva e conferma che hanno agito correttamente i tribunali italiani non dando seguito alla denuncia presentata dai familiari di Giuseppina Smaltini, la donna di Taranto morta il 21 dicembre 2012 per una meningite che non poteva essere curata a causa della leucemia contratta dalla donna. Le inchieste giudiziarie italiane furono archiviate in quanto i magistrati ritennero insufficienti le prove di un nesso tra emissioni e malattia.

La donna sosteneva di non essere stata protetta dalle conseguenze sulla sua salute derivanti dalle emissioni dell’Ilva. Smaltini aveva scoperto di essere affetta da leucemia nel 2006 e aveva denunciato l’acciaieria, sostenendo che vi era un nesso di causa ed effetto tra le emissioni e la sua malattia. Ma per ben due volte i tribunali italiani hanno archiviato il procedimento.

Contro l’archiviazione Smaltini aveva fatto ricorso a Strasburgo nel 2009, sostenendo che le sentenze italiane avevano violato il diritto al rispetto della vita, perché i tribunali non avevano riconosciuto il nesso esistente tra le emissioni dell’Ilva e la sua malattia.

I giudici della Corte europea hanno invece argomentato il rigetto del ricorso: le prove scientifiche a disposizione delle autorità italiane stabiliscono che “l'incidenza della leucemia nella regione di Taranto non è maggiore che in altre regioni italiane". In virtu' di questi risultati, e del fatto che un'altra indagine su richiesta di Smaltini è stata condotta confermando gli stessi rilievi scientifici, i giudici europei hanno stabilito che il ricorso presentato da Smaltini e dai suoi parenti "non è riuscito a dimostrare che le autorità italiane non abbiano rispettato il loro obbligo a proteggere il diritto alla vita, sancito dall'articolo 2 della Convenzione europea per i diritti umani.

Quindi a far pesare la bilancia a favore dell'Ilva nel giudizio del collegio CEDU c'è stata la perizia ordinata dalle autorità di Taranto a seguito della quale avevano deciso di archiviare il procedimento. Nella perizia gli esperti avevano rilevato come l’incidenza di quella malattia tra le donne della fascia di età della ricorrente non era superiore ai Taranto rispetto ad altre zone italiane. Di conseguenza, pur rilevando che le emissioni inquinanti dallo stabilimento Ilva hanno avuto un impatto per la salute della popolazione, era da escludersi l’esistenza di un nesso di casualità tra le emissioni inquinanti prodotte dall’impianto e la malattia della donna morta tra atroci sofferenze.  (Rezarta Tahiraj)