Berlusconi e il sesso: il peccato non è reato. La difesa di Tarantini, Verdoscia e D'Addario
Berlusconi e sesso. Questo processo è basato su suggestioni e pregiudizi, legati fondamentalmente a due parole: Berlusconi e sesso". Lo ha detto Nicola Quaranta, difensore dell'imprenditore barese Gianpaolo Tarantini, imputato a Bari nel processo 'escort'. Quaranta ha cominciato così la sua arringa: "chi, anche in questa aula, avrebbe rifiutato un invito a cena a casa di Berlusconi? Invito a cena che non equivale ad un’orgia, come in questo processo si è voluto intendere, alimentando ipocrisia e malizia. Dobbiamo abbandonare la suggestione peccato uguale reato”.
Il suo assistito, Gianpaolo Tarantini, ha reso dichiarazioni spontanee per precisare il pagamento a due ragazze non era stato fatto affinché “si prostituissero col presidente" ma per "per partecipare alla cena”. Tarantini, quando è uscito dall'aula ha detto di aver “sempre fatto cene partecipate, normali ed eleganti con una persona per bene (il riferimento è a Silvio Berlusconi) che si è comportata con me in maniera esemplare". Uscendo da Palazzo di giustizia di Bari l'imprenditore barese ha aggiunto: "la mia vita è stata danneggiata gravemente da questa vicenda dal punto di vista dell’immagine e dal punto di vista economico, ma questo è evidente e lo sapete tutti".
In questo processo è imputato con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata al reclutamento, induzione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Contro di lui il pm ha già chiesto una condanna a 8 anni di reclusione.
Ma oggi c'è stata anche le arringhe degli avvocati Nino Ghiro e Ascanio Amenduni, difensori di Massimiliano Verdoscia. L'imputato avrebbe fornito a Tarantini contatti per ragazze utilizzate per la partecipazione alle feste organizzate da Berlusconi nelle sue residenze. L'avvocato Ghiro ha tirato in ballo subito la grande accusatrice di Berlusconi e Tarantini, l'escort barese Patrizia D'Addario.
"C'è un peccato originale in questo processo: se Verdoscia è imputato – ha detto infatti l'avvocato Ghiro - doveva esserlo anche Patrizia D’Addario". Il perché è subito spiegato: "Fu Patrizia D’Addario – secondo la tesi di Ghiro – a contattare Barbara Montereale per partecipare ad una serata a Palazzo Grazioli, mentre Verdoscia fornì a Tarantini solo qualche numero di telefono e i contatti di alcune ragazze che aveva trovato su internet".
L’avvocato Ascanio Amenduni ha dichiarato che "l'unico soggetto sfruttato in questa vicenda è Silvio Berlusconi e che se Berlusconi avesse saputo che le ragazze erano pagate per andare alle sue cene avrebbe immediatamente defenestrato Tarantini".
Amenduni ha anche detto in aula che “Verdoscia sicuramente non sapeva del dopo cena. Verdoscia non faceva affari con Tarantini, il quale aveva le chiavi del cuore di Silvio e la mappa del tesoro che non voleva condividere. Gli faceva comodo, a volte, servirsi di amici come Verdoscia".
Patrizia D'Addario, al termine dell’udienza, non ha replicato alla tesi dell'avvocato Ghiro che la voleva come imputata in questo processo 'escort' ma ha voluto evidenziare di essere stata distrutta da tanto clamore. "Fino ad oggi – ha chiarito D'Addario - non ci ho guadagnato un bel nulla. Se avessi voluto estorcere denaro a Berlusconi, come qualcuno oggi mi accusa, sarei già stata ricchissima e, invece, sono stata distrutta anche mediaticamente e per anni". D’Addario è parte civile in questo processo e ha avanzato richiesta di risarcimento danni per un milione di euro. (Cosima Miacola)
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