Beffati dall'ergastolano: l'auto dell'evaso era a Trepuzzi. Le indagini
L'auto utilizzata dall'ergastolano Fabio Perrone per evadere era lì, nel suo paese, a Trepuzzi, provincia di Lecce, sin dal giorno della fuga. Ma come può essere possibile che oltre duecento uomini delle forze dell'ordine siano stati in questi giorni a rastrellare il territorio, finanche utilizzando un elicottero, senza riuscire ad accorgersi che l'autovettura della fuga, una Toyota Yaris, era nel paese in cui Perrone viveva prima di finire in carcere per aver ucciso il montenegrino Fatmin Makovic e per il tentato omicidio del figlio 16enne.
L'auto era parcheggiata in via Campania. E neppure il suo ritrovamento è stato merito delle forze dell'ordine. La segnalazione è stata fatta da un residente in quella strada che si era insospettito: quell'autovettura era parcheggiata lì da giorni senza essere mai spostata ed ha quindi ipotizzato che fosse stata rubata. L'intervento della polizia municipale ha poi fatto scattare i successivi accertamenti e con l'arrivo anche dei carabinieri ci sono state le conferme del caso: l'automezzo è quello sequestrato da Perrore venerdì mattina ad una donna nel parcheggio dell'ospedale “Vito Fazzi” di Lecce. L'ergastolano, sotto scorta, era stato condotto in ospedale per sottoporlo ad una colonscopia. Quando era in reparto, una volta liberato delle manette, è riuscito ad impossessarsi della pistola di uno degli agenti di scorta della polizia penitenziaria ed è fuggito dopo aver ferito cinque persone. Alla proprietaria della Toyota Yaris ha puntato la pistola alla testa.
L'autovettura, trovata chiusa a chiave, è stata oggi aperta, per i rilievi della scientifica, nella caserma del comando provinciale di Lecce dei carabinieri. Per trasportarla da via Campania di Trepuzzi è stato utilizzato un carro attrezzi.
Come può essere d'aiuto questo ritrovamento per gli investigatori? Il Procuratore di Lecce, Cataldo Motta, afferma che ritrovamento nella città di origine dell’ergastolano, fa pensare che l’uomo "si possa trovare verosimilmente ancora in zona". Inoltre, "il fatto che Perrone si sia recato subito nel suo paese d’origine induce a credere - secondo Motta - che si sia trattato di un’evasione improvvisata e che quindi l’uomo abbia avuto necessità di tornare subito a casa per cercare appoggi".
Insomma, sarebbe da escludere, al momento, l’ipotesi di una fuga oltre l’Adriatico come si era inizialmente ipotizzato.
Ciò che sconvolge, inoltre, è di aver appresso che Fabio Perrone aveva già progettato di evadere. Un’informativa inviata alla Procura di Lecce nel giugno scorso evidenziava, infatti, la possibilità che Perrone stesse meditando di evadere dal carcere salentino di Borgo San Nicola sfruttando l'occasione di doversi recare in tribunale per partecipare all’udienza del 23 giugno scorso, quella del processo col rito abbreviato, conclusa con la sua condanna all’ergastolo. La circostanza è stata confermata dal procuratore di Lecce, Cataldo Motta. In quel giorno del processo vennero intensificati i controlli e le misure di sicurezza e tutto si svolse regolarmente: Perrone non ebbe, quindi, possibilità alcuna di fuggire. Il 6 novembre scorso, invece, nell’ospedale di Lecce per lui è stato abbastanza facile concretizzare il piano di fuga. Forse perché la sua scorta era composta da due soli agenti di polizia penitenziaria oltre all'autista? Una pattuglia di tre unità è assolutamente regolamentare - è esattamente ciò che è previsto dal regolamento - ma forse, considerata la pericolosità del personaggio, si sarebbe dovuto provvedere a potenziare i controlli e la protezione? (Mauro De Carlo)
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