Tre anni di carcere sono stati chiesti per 13 imputati nel processo per i danni all'ambiente e alla salute causati dalla movimentazione del carbone dal deposito nel porto sino alla centrale Enel di Cerano, nel Brindisino
Tre anni di reclusione, senza riconoscimento delle attenuanti generiche, sono stati chiesti dall'accusa per 13 dei 15 imputati nel processo per i danni all'ambiente e alla salute causati dalle polveri di carbone della centrale Enel “Federico II” di Cerano, nel Brindisino.
Non si procederà, per la prescrizione dei termini, nei confronti di Sandro Valery, responsabile dell'Area di Business Produzione termoelettrica di Enel sino al 12 maggio 2008, e di Luciano Mirko Pistillo, responsabile dell'Unità di Business di Brindisi di Enel sino al 9 settembre del 2007.
La condanna è stata invece chiesta per costoro: Antonino Ascione, responsabile dell'Unità di Business di Brindisi dal 10 settembre 2007 sino a oggi; Lorenzo Laricchia, responsabile dell'Unità Movimentazione Combustibili dell'Unità di Business di Brindisi di Enel Produzione S.p.a dal febbraio 2005 sino ad oggi; Giuseppe Varallo, responsabile della stessa unità dal 2002; Vincenzo Putignano, Responsabile dell'impianto termoelettrico dell'Unità di Business di Brindisi dal gennaio 2000 sino al 9 aprile del 2009; Diego Baio, responsabile dell'Unità Esercizio Ambiente e Sicurezza da agosto 2001; Calogero Sanfilippo, responsabile Enel della produzione termoelettrica con l'impiego di carbone; Giammarco Piacente, responsabile dell'Unità Esercizio Ambiente e Sicurezza dell'Unità di Business di Brindisi dal 3 luglio 2009 sino al 25 giugno 2010; Fabio De Filippo, responsabile della stessa Unità organizzativa dal 26 giugno 2010 sino al 30 novembre 2011; Massimo Distante, addetto all'Esercizio Area Interna dell'Unità Movimentazione Combustibili dell'Unità di Business di Brindisi dal gennaio 2001; Giovanni Madia, addetto all'Esercizio Area Esterna dell'Unità Movimentazione Combustibili dell'Unità di Brindisi dal 18 ottobre 2006 sino al 31 dicembre 2009; Fausto Bassi, attuale responsabile (sin dal 9 aprile dal 2009) dell'impianto termoelettrico dell'Unità di Brindisi e responsabile per un mese (dal 2 giugno 2009 sino al 2 luglio 2009) dell'Unità organizzativa Esercizio Ambiente e Sicurezza dell’Unita di Brindisi.
Tra gli imputati da condannare, secondo l'accusa, sempre a tre anni di carcere, ci sono anche elementi esterni all'Enel: è il caso di Luca Screti, in quanto all'epoca dei fatti rappresentante legale della società Nubile, azienda incaricata della pulizia del nastro trasportatore e delle aree a servizio dello stesso, e Aldo Cannone, amministratore unico della ditta Cannone Teodoro. Quest'ultima azienda era incaricata di svolgere servizio di sistemazione del carbone nel parco dell’Unità di Business termoelettrica Brindisi.
Al processo si è arrivati dopo lunghe indagini attivate con le denunce, nel 2008, di alcuni agricoltori che posseggono dei terreni a Cerano, nelle vicinanze della centrale a carbone e dal percorso del nastrotrasportatore che è lungo 13 chilometri.
Secondo l'accusa sono stati stoccati “milioni di tonnellate di carbone in una superficie a cielo aperto di 125mila metri quadrati circa – superficie capace di ricevere contemporaneamente sino 750mila tonnellate di carbone”. Agli uomini Enel si contestano anche “omissioni di accorgimenti tecnici idonei a scongiurare la ripetuta diffusione, oltre il recinto aziendale, di polvere di carbone o, comunque, a contenere tale diffusione al di sotto della soglia della normale tollerabilità – quali, a mero titolo esemplificativo, la copertura del parco carbone, la stabile chiusura del nastro di trasporto del carbone e delle relative torri di scarico e ripresa”.
Insomma vi sarebbe stato l'imbrattamento e l'insudiciamento dei campi e delle colture provocato dalla fuoriuscita di polveri di carbone con grave danno per l'ambiente e la salute dei cittadini.
Parti civili nel processo sono il Comune e la Provincia di Brindisi e le associazioni Greenpeace, Salute pubblica, Legambiente, Medicina democratica, No al Carbone, oltre ai numerosi proprietari dei terreni vicini alla centrale.
La Provincia, mediante l’avvocato Rosario Almiento, ha quantificato danni per 500 milioni di euro. L’avvocato Daniela Faggiano, in rappresentanza dell’Amministrazione comunale, ha chiesto un risarcimento di 30 milioni di euro nell'evidenziare come la dispersione di polvere di carbone abbia causato non solo “insudiciamenti ed imbrattamenti reiterati nel tempo ai terreni e alle colture e soprattutto non semplici molestie alle persone, ma morte per quel particolato respirato ogni giorno: dal 2005, sono stati registrati 40 decessi l’anno per malattie, soprattutto ai polmoni, riconducibili - ha dichiarato l'avvocato - al funzionamento della centrale Enel di Cerano”. L'avvocato Faggiano a supporto della sua tesi ha mostrato anche i risultati di uno studio condotto dai ricercatoti del Cnr di Lecce in collaborazione con il centro di Bologna e ha anche ricordato che l’Unione europea, lo scorso febbraio 2015, ha avviato una procedura di infrazione in relazione ai danni alla salute legati al particolato di tipo primario e secondario, quest’ultimo trattenuto nei polmoni. (Mauro De Carlo)
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