Dom24112024

Ultimo aggiornamentoSab, 03 Ago 2024 2pm

Chiede mezzo milione di euro all'amante omicida che gli ha ucciso il marito

Nel 2012 uccise il marito della propria amante e nel processo di primo grado è stato condannato a 17 anni di carcere. Il presunto omicida è un barista pugliese di 37 anni: Diego Alfieri di Nardò (Lecce). Oggi la Corte d'Assise d'Appello (presidente Vincenzo Scardia) ha ridotto la condanna a 11 anni ed 8 mesi di reclusione. Nel secondo grado è stato stabilito che per quell'omicidio non ci fu l'aggravante, come invece risultava dalla precedente sentenza, dei futili motivi. Ma non solo. Alfieri, come hanno più volte ribadito i suoi avvocati Giuseppe e Michele Bonsegna, avrebbe ucciso per difendersi perché convinto che in suo rivale in amore fosse armato o intendesse impossessarsi di un'arma per usarla nell'immediatezza.

Di certo c'è che Giampiero Murinu, 39 anni, agricoltore, fu ammazzato a colpi di pistola nelle campagne di Collemeto nel giugno 2012. Presenti alla scena il presunto omicida e la moglie della vittima, Katia Valiani, di 36 anni. Quest'ultima nel processo ha avuto, stranamente, sia il ruolo di imputata che di parte offesa. Imputata perché, secondo quanto emerso in primo grado, accusata di aver consegnato all'amante la pistola calibro 7,65 da cui partirono i quattro proiettili che ammazzarono Murinu. Parte offesa perché moglie della vittima e come tale ha chiesto un risarcimento al presunto omicida: 500mila euro. Insomma ha chiesto mezzo milione di euro a colui che è ritenuto, secondo l'accusa, l'amante omicida che gli ha ucciso il marito. Valiani ha avuto, nel medesimo processo, due avvocati: uno come imputata (avvocato Giuseppe Cipressa) e un altro come parte lesa (avvocato Tommaso Mandoi). Valiani è stata assolta in Appello: in primo grado era stata condannata a quattro anni ed otto mesi di reclusione.

Comunque c'era anche lei nella Lancia Dedra della vittima: quindi erano in tre. E a un certo punto della discussione Murinu si chinò verso il sedile del passeggero come se volesse prendere un'arma dal fondo. Un movimento sospetto che scatenò la reazione omicida del secondo uomo. Una seconda pistola o un fucile, insomma una qualsiasi arma che avrebbe dato la conferma del tentativo della vittima di impossessarsene, per la verità non fu mai trovata nell'auto. Forse fu fatta sparire prima dell'arrivo dei carabinieri. Tuttavia si è concretamente ipotizzato che ci fosse perché ciò sarebbe emerso dalle intercettazioni telefoniche. In particolare ci fu un sms inviato da Valiani ad un parente: "Ma ke tiene un ferro in makkina? Ho la netta sensazione che gli fa qualcosa".
Parti civili nel processo ben otto familiari di Giampiero Murinu e ciascuno ha chiesto 500mila euro mediante gli avvocati Donato Mellone e Donato Sabetta. Proprio lo stesso importo preteso da Valiani. (Carmelo Molfetta)