Scambio di favori con inchieste giudiziarie pilotate
Due avvocati e un poliziotto sono stati arrestati e all'ex capo della Procura di Trani e poi di Taranto è stato imposto l'obbligo di dimora. Questo è stato deciso nell'ambito dell'inchiesta giudiziaria della Procura di Potenza su vicende dell'ex Ilva nel periodo tra i 2015 e il 2018. A vincolare queste persone ci sarebbe stato uno scambio di favori. L’ex procuratore Carlo Maria Capristo avrebbe svenduto le proprie funzioni per fare carriera e insediarsi a capo della Procura di Taranto o di Firenze. Capristo l’anno scorso fu arrestato per un’altra inchiesta ma poi era tornato in libertà nell’attesa del giudizio. Ora gli è stato imposto l’obbligo di dimora a Bari. Capristo è attualmente a processo per tentata concussione, falso in atto pubblico e truffa aggravata.
Gli altri nomi: gli avvocati Pietro Amara, siciliano, e Giacomo Ragno, di Trani, il poliziotto Filippo Paradiso e Nicola Nicoletti, socio di Pwc (PricewaterhouseCoopers) e già consulente Ilva.
L'avvocato Ragno risulta già condannato nell'ambito del processo sul "Sistema Trani", che svelò atti di corruzione degli ex magistrati Michele Nardi e Antonio Savasta. Il poliziotto Paradiso è invece ritenuto un tramite tra Amara e Capristo.
Amara è al centro pure dell'inchiesta della Procura di Milano sul cosiddetto «falso complotto Eni»: ai magistrati lombardi l'avvocato siciliano rilasciò dichiarazioni sulla presunta loggia Ungheria.
Ora Amara è stato arrestato perchè si ritiene che nel 2017 avrebbe partecipato alla trattativa con la procura per un patteggiamento finalizzato a far uscire la società dal maxi processo. Un trattativa a carte truccate pare essere la convinzione degli inquirenti. Amara è stato consulente legale di Ilva quando l'azienda era in amministrazione straordinaria.
«Una incessante attività di raccomandazione, persuasione, sollecitazione svolta, in favore di Capristo, su membri del Csm» sarebbe stata svolta da Piero Amara e Filippo Paradiso per un incarico direttivo a Carlo Maria Capristo che nel 2016 cessava la funzione di procuratore capo a Trani. Tra la Procura di Firenza e quella di Taranto la “sorte” decise per quest'ultima.
Gli inquirenti di Potenza contestano a Capristo "la benevola predisposizione ad assecondare e considerare le esigenze della struttura commissariale di Ilva, determinando un riposizionamento del suo ufficio rispetto alle pregresse, più rigorose, strategie processuali e investigative manifestate dal suo predecessore". Capristo avrebbe fatto pressioni su alcuni pm di Taranto per valutare positivamente le posizioni di alcuni indagati ed inoltre avrebbe "condizionato i dirigenti di Ilva, sottoposti a procedimenti penali, affinché concedessero incarichi difensivi all'avvocato Ragno". (Rezarta Tahiraj)
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