Omicidio Scazzi: respinta richiesta di un nuovo sopralluogo in casa Misseri
Troppa generica la richiesta ma soprattutto è trascorso troppo tempo da quanto Sarah Scazzi fu uccisa. Sostanzialmente è questa la motivazione con cui la Corte d'Assise d'Appello ha respinto la richiesta di fare effettuare un'ulteriore verifica in casa Misseri, in via Grazia Deledda, ad Avetrana (Taranto).
Da quel tragico 26 agosto del 2010 tante cose saranno cambiate in quella villetta dove continua ad abitare soltanto Michele Misseri, padre e marito delle due ergastolane condannate per quell'omicidio. Ed allora la Corte d'Assise d'Appello ritiene che il nuovo sopralluogo non porterebbe alcun elemento aggiuntivo rispetto a quanto già accertato in sede processuale e d'indagine.
Il collegio giudicante, presieduto da Patrizia Sinisi (a latere De Felice e sei giudici popolari), si è espresso affermando che l’esperimento tecnico non risulta necessario in quanto "la descrizione dei luoghi è già consacrata in atti mediante fotografie e verbale di sopralluogo ed inoltre la casa che il garage non si trovano più nello stato in cui erano al momento del fatto". La conclusione del collegio giudicante è esplicita quanto sintetica quando categoricamente afferma che il nuovo sopralluogo "non potrebbe fornire un contributo e non rappresenta una prova nuova".
Ovviamente la posizione degli avvocati che difendono Sabrina Misseri e Cosima Serrano la pensano esattamente al contrario tanto che quel sopralluogo lo hanno chiesto con convinzione per rafforzare la loro ipotesi e cioè che ad ammazzare l'allora quindicenne Sarah sia stata lo zio Michele Misseri che, tra l'altro, si è dichiarato più volte reo confesso di quell'omicidio senza però essere mai creduto dagli inquirenti.
"Dovrei essere io in carcere e non loro due" ha detto infatti tante volte Michele Misseri riferendosi a moglie e figlia. La situazione però è differente: lui è in quella casa, nonostante sia stato condannato a otto anni per soppressione di cadavere, mentre le sue due donne sono in carcere perché condannate in primo grado all’ergastolo per omicidio volontario, sequestro di persona e concorso in soppressione di cadavere.
L'abitazione di via Deledda, se davvero nasconde dei segreti su quell'omicidio, continuerà a celarli ormai per sempre diventando, pertanto, la casa dei misteri. (G.P.)
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