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Ultimo aggiornamentoSab, 03 Ago 2024 2pm

Testimone del prodigio il vescovo Mansi ad Andria

Il vescovo di Andria, mons. Luigi Mansi, è testimone che la Sacra Spina custodita nella Cattedrale di Andria ha cambiato ancora colore. La variazione cromatica è stata accertata e ufficializzata in questi giorni non solo dal vescovo ma anche da altri religiosi e studiosi. La particolarità è che quest'anno la popolazione è afflitto dalla pandemia causata dal coronavirus covid19. La concomitanza tra questo evento religoso e miracoloso con la catastrofica situazione sanitaria è stato motivo di ulteriore riflessione del vescovo Mansi. I suoi pensieri su quanto accaduto sono questi.

“Sono passati da poco i giorni della Settimana Santa di questo anno così particolare che è il 2020, segnato dal doloroso fenomeno della pandemia del Covid-19, fenomeno purtroppo ancora in corso al momento in cui scrivo - fa sapere mons. Mansi. 

La Chiesa di Andria custodisce dal lontano 1308, come tanti ben sanno, una insigne Reliquia della Passione di Cristo, costituita da una delle Spine che formavano la corona posta sul capo del Salvatore. In questo tempo, in cui tutte le chiese sono tenute chiuse per motivi di sicurezza sanitaria, compresa la Chiesa Cattedrale dove la Reliquia viene custodita, ho ritenuto trasferirla nella cappella privata dell’episcopio nella quale celebro quotidianamente la Santa Messa e vivo momenti di preghiera in varie ore della giornata.

A cominciare dai primi giorni della Settimana Santa, osservando lo stato della Reliquia ho notato che manifestava una colorazione diversa dal solito e, in particolare, che stesse diventando alquanto più chiara.

Ma in un primo momento, ho ritenuto tenere per me la cosa temendo che si trattasse di una suggestione mia personale. Solo per caso riferendo questa mia impressione ai miei più stretti collaboratori, con cui condivido alcuni momenti di preghiera nella cappella – mi riferisco a Mons. Nicola de Ruvo e in qualche occasione il Can. Giannicola Agresti – essi mi hanno riferito di aver notato la stessa cosa.

Dinanzi a questa condivisione, ho preso la decisone di convocare nel mio studio, oltre ai due suddetti sacerdoti, anche il Vicario Generale, Mons. Gianni Massaro, per decidere insieme il da farsi. Successivamente, in tempi diversi, ho invitato ad osservare la Sacra Spina anche il Dr. Antonio Riezzo e la Dott.ssa Silvana Campanile, non solo perché abitano nei pressi dell’Episcopio e quindi facilmente raggiungibili, ma soprattutto perché, in occasione del precedente prodigio del 2016, furono chiamati a ricoprire l’uno il ruolo di Presidente della Speciale Commissione Medico-Scientifica e l’altra il compito di Segretaria della Commissione. L’invito è stato esteso infine anche a don Geremia Acri che, come i sacerdoti sopra citati, svolge mansioni presso la Curia Vescovile.

Quello che di seguito abbiamo osservato ed è accaduto, è ben testimoniato da cinque verbali di volta in volta da me redatti e dalla cronistoria preparata dalla Dott.ssa Silvana Campanile. Questi atti sono depositati presso l’archivio dell’Episcopio.

Sono consapevole che il fenomeno osservato quest’anno sulla Sacra Spina sia stato meno appariscente rispetto ai segni prodigiosi verificatisi negli anni precedenti e che per di più, considerate le attuali restrizioni governative messe in atto per limitare il contagio del virus, non si è avuta la possibilità che fosse adeguatamente osservato da dal clero e dai fedeli, cosa che come Pastore mi è dispiaciuto molto non poter condividere questa esperienza di fede e di Chiesa locale. Ma sono convinto che, pur non vivendo direttamente questo momento forte, non sia mancata la preghiera del popolo di Dio che ritrovatosi improvvisamente “nella tempesta” ha invocato il Signore confidando nel suo aiuto.

Ho apprezzato, inoltre, la “reazione composta” che c’è stata da parte della comunità cristiana all’annuncio di quanto osservato sulla Sacra Spina, avvenuto la sera del Venerdì Santo a conclusione della Via Crucis da me presieduta presso il Santuario del SS. Salvatore e teletrasmessa, segno di una devozione autentica verso la Reliquia, ben lontana da ogni forma di devozionismo e di ricerca spasmodica del miracolo.

Sin dal primo momento, per non cadere in interpretazioni semplicistiche, ho affidato quanto osservato sulla Sacra Spina alla preghiera di tutti.

Ritengo ora mio dovere, come Pastore del popolo a me affidato, aiutarlo a cogliere il significato di questo umile segno che il Signore ci ha donato.

Innanzitutto il segno è avvenuto al di fuori della coincidenza del Venerdì Santo con il 25 marzo, Solennità dell’Annunciazione del Signore. La tradizione plurisecolare vuole infatti che ogni qualvolta si verifichi tale coincidenza, si registra un segno prodigioso sulla Sacra Spina. Le ultime due volte risalgono al 2005 e al 2016. La coincidenza del 25 marzo con il Venerdì Santo ci dice che Cristo è la luce che viene ad illuminare il mondo ma è anche il vero Agnello immolato che riscatta l’umanità e le ridona la piena libertà. Il senso e il significato di tale coincidenza si può, pertanto, riassumere in una frase: “il Salvatore è nato, ha sofferto e ha donato la sua vita per farci rinascere in un mondo nuovo”.

Ponendoci allora con spirito di fede e umiltà dinanzi a quanto verificatosi quest’anno sulla Sacra Spina lo scorso 10 aprile - Venerdì Santo, mentre eravamo intenti a celebrare il mistero della sofferenza redentrice di Cristo, comprendiamo che il Signore non ci abbandona, ma in modo particolare ha voluto manifestare la sua vicinanza in quest’ora di prova che, come Chiesa e come mondo, stiamo vivendo avvolti dalla preoccupazione e dalla paura.

Desiderando, inoltre, approfondire ulteriormente la riflessione sul senso di questo particolare segno, penso che possiamo scoprire un significato ancora più profondo costituito dal fatto che proprio in questi giorni tanti, tantissimi nostri fratelli e sorelle stanno soffrendo in molti e svariati modi: la malattia nella propria carne o in quella dei propri familiari ed amici, la morte di persone care e l’impossibilità di accompagnarle all’ultima dimora in maniera affettuosa e solidale, il vivere ormai da settimane isolati nelle case e impossibilitati a frequentare luoghi di ritrovo con amici, il dover rinunciare a recarsi in chiesa per la preghiera e le celebrazioni sacramentali… insomma un grande senso di smarrimento.

Ritengo che il Signore abbia voluto dirci - conclude il vescovo di Andria - che la sua passione continua nel dolore di tanti uomini e donne di tutto il mondo. Ma anche che questa passione, come la Sua, per quanto dolorosa, è parola penultima, perché l’ultima è sempre una parola di vita e di speranza. È la parola della Pasqua, della resurrezione, della vittoria di Cristo sulla morte nonché della redenzione dell’umanità intera».