Magistrato Di Giorgio condannato a dodici anni e mezzo di reclusione per i reati di concussione e corruzione
E' stato condannato anche in appello il magistrato Matteo Di Giorgio, sostituto procuratore in passato in servizio alla procura di Taranto. La Corte di Appello di Potenza ha fissato in dodici anni e mezzo di reclusione la pena inflitta per i reati di concussione e corruzione. Il magistrato avrebbe approfittato del suo ruolo di pubblico ministero per influenzare la vita politica e amministrativa di Castellaneta (Taranto), cittadina in cui è nato.
In primo grado la condanna è stata ancor più pesante: gli anni di reclusione infatti erano addirittura 15. Di Giorgio ha sempre respinto tutte le imputazioni. Per l'accusa, invece, il magistrato si sarebbe reso colpevole in più episodi comunque riconducibili a contrasti con l'ex sindaco di Castellaneta, il senatore Rocco Loreto.
E' stato condannato anche in appello il magistrato sospeso Matteo Di Giorgio, sostituto procuratore in passato in servizio alla procura di Taranto. La Corte di Appello di Potenza ha fissato in dodici anni e mezzo di reclusione la pena inflitta per i reati di concussione e corruzione. Il magistrato avrebbe approfittato del suo ruolo di pubblico ministero per influenzare la vita politica e amministrativa di Castellaneta (Taranto), cittadina in cui è nato. Il magistrato avrebbe partecipato direttamente e indirettamente alla vita amministrativa del suo paese, Castellaneta, strumentalizzando i poteri di pm per contrastare gli avversari politici. Di Giorgio – sempre secondo l'accusa – era interessato a candidarsi a presidente della Provincia di Taranto Ora è stato condannato anche al risarcimento delle spese giudiziarie e dei danni a Loreto e ai suoi figli costituiti parti civili nel processo.
In primo grado, nel maggio 2014, la condanna era stata ancor più pesante: gli anni di reclusione infatti erano addirittura 15. Di Giorgio ha sempre respinto tutte le imputazioni. Per l'accusa, invece, il magistrato si sarebbe reso colpevole in più episodi comunque riconducibili a contrasti con l'ex sindaco di Castellaneta, il senatore Rocco Loreto che all'epoca dei fatti era DS.
Un ex assessore di Castellaneta riferì in un esposto consegnato ai carabinieri di aver causato la fine anticipata dell'amministrazione guidata da Loreto convincendo nel 2001 alle dimissioni un consigliere comunale. Per convincerlo gli disse che per figlio e fratello era probabile l'arresto per droga da parte del pm di Giorgio. Quelle dimissioni causarono il ritorno anticipato alla consultazione elettorale e gli esiti furono favorevoli alla parte considerata avversa a Loreto.
Nello stesso processo sono stati condannati in appello anche l'ex sindaco Italo D'Alessandro (eletto dopo Loreto) e il suo segretario factotum Agostino Pepe: per entrambi la pena è di tre anni di reclusione. Quindi nessuna variazione rispetto alla sentenza di primo grado.
Due anni di reclusione sono stati invece inflitti all'imprenditore Giovanni Coccioli (in primo grado erano due anni e mezzo) e due a testa sono stati decisi per l'ex capo dei vigili Francesco Perrone e il pescatore Antonio Vitale. La Corte d'Appello, presieduta da Pasquale Materi (consiglieri a latere Alberto Iannuzzi e Rosa D'Amelio), ha invece prosciolto per prescrizione Alessandro Mongelli, nipote di Di Giorgio.
“Questa condanna arriva – ha dichiarato Di Giorgio - dopo che 67 persone hanno testimoniato a mio favore, a mio sfavore solo le controparti. Un vero paradosso giudiziario rispetto al quale ho chiamato in causa la Procura di Catanzaro, competente per le indagini sull'operato dei magistrati potentini, e il ministero della Giustizia. Io ho denunciato il pm di Potenza che mi ha perseguito e i carabinieri responsabili delle indagini.”. (Cosima Miacola)
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