Dom24112024

Ultimo aggiornamentoSab, 03 Ago 2024 2pm

Calenda contro Emiliano: senza il ritiro del ricorso al Tar il tavolo è concluso e Ilva può chiudere tra 20 giorni

Ilva potrebbe iniziare a chiudere già dal 9 gennaio se venisse accolto il ricorso presentato al Tar da Regione Puglia e Comune di Taranto. Lo ha detto in modo chiaro il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, al tavolo istituzionale che è stato dichiarato dallo stesso ministro ormai “concluso”. Calenda nei giorni scorsi si era recato personalmente a Taranto per spiegare al sindaco le ragioni che renderebbero – a suo parere – necessario il ritiro del ricorso al Tar. Il ricorso fa rischiare agli investitori di pagare 2,2 miliardi di euro in più e li metterebbe in fuga dal siderurgico tarantino. Gli investitori potrebbero, in alternativa, restare ma a condizione che nel caso la sentenza del Tar intimasse quel pagamento sia lo Stato a pagarlo. E questo il ministro Calenda non lo vuole.

Al termine del tavolo istituzionale il ministro Calenda ha affermato che si continuerà ad “andare avanti con investitore, ma se la condizione è costruire un'addenda contrattuale con garanzia dello Stato, non posso fare assumere a stato responsabilità di 2,2 miliardi di euro per pagare il conto del ricorso". Poi in modo altrettanto chiaro ha aggiunto che se il Comune e la Regione Puglia non ritirano il ricorso al Tar sull'Ilva "il tavolo è concluso".

Calenda è sceso più nel dettaglio quando ha riferito di aver chiarito durante l'incontro “che l'accettazione della misura cautelare presentata da Comune e Regione determina la chiusura dell'impianto Ilva perché scadono i termini Aia e su questo il ministero dell'Ambiente è stato tassativo". Per Calenda "non si può accettare che la valutazione del danno sanitario venga fatta sulla base di una legge regionale quando la corte costituzionale ha detto che va fatta su una legge nazionale" e nemmeno "che si dica - come è stato fatto da Emiliano - "intanto ritiro la misura cautelare, ma ricorso al Tar lo lascio in piedi", perché questo comporta un costo per stato di 2,2 miliardi di euro".

Il governatore della Puglia certamente non aveva previsto che il tavolo potesse concludersi in questo modo. Poco prima di entrare in riunione aveva fatto sapere - con il tono di chi è sicuro di sè - le condizioni che intendeva porre alla discussione e i risultati da raggiungere. “Calenda - aveva detto Emiliano - si dovrà comportare correttamente: dovrà darci le carte, dovrà darci rassicurazione che questo è un tavolo serio e che realmente si vuole discutere con la Regione e con il Comune e quando avremo capito di avere un interlocutore affidabile tutto ricomincerà, mi auguro, come avrebbe dovuto essere fin dall'inizio con produttività". Poi aveva anche aggiunto: "noi abbiamo fatto una cautelare. Questa cautelare, se oggi il ministro si comporta in modo corretto, è una delle cose che potrebbe essere non necessaria nell'immediatezza". In altri termini aveva fatto intendere che quella “spada di Damocle” poteva colpire anche in tempi successivi. Eppure il ministro Calenda era stato chiaro: al tavolo istituzionale non può partecipare chi ha ancora in mano il ricorso al Tar: o la via giudiziaria o quella della mediazione e del confronto. (R.T.)