I magistrati Savasta e Nardi, che erano in servizio a Trani, restano detenuti nel carcere di Lecce
Sarà il Consiglio superiore della magistratura a decidere se sospendere funzioni e stipendio ad Antonio Savasta e Michele Nardi, i due magistrati finiti in carcere con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari, falso ideologico e materiale. La richiesta di azione disciplinare indirizzata al CSM è stata firmata ieri mattina dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Secondo le norme dell’ordinamento giudiziario spettano infatti al Consiglio superiore della magistratura le decisioni per i provvedimenti disciplinari da intraprendere nei riguardi dei magistrati. L’art. 105 della Costituzione allarga le competenze anche alle assunzioni, assegnazioni, trasferimenti e promozioni dei magistrati. Insomma un organo di governo dei magistrati. Come previsto, però, dall’articolo 107, comma 2, della Costituzione, è facoltà del ministro della Giustizia promuovere l’azione disciplinare ed è proprio ciò che ha fatto Bonafede. Il CSM non ha ancora fissato la data in cui sarà riunito per decidere in merito.
Savasta e Nardi sono stati in servizio negli uffici giudiziari di Trani prima di essere trasferiti a Roma. I fatti contestati sarebbero accaduti proprio quando erano entrambi in Puglia. Ad accusarli è Flavio D’Introno, un imprenditore di Corato. I due magistrati sono attualmente rinchiusi nel carcere di Lecce dove si trova anche il terzo arrestato per questa vicenda: l’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro.
Al Gip di Lecce Giovanni Gallo hanno già fornito la propria versione dei fatti sia Michele Nardi che Vincenzo Di Chiaro rispondendo ampiamente alle domande fatte nell’interrogatorio di garanzia. Entrambi si sono dichiarati innocenti. Nardi ha spiegato che con il suo accusatore c’erano pessimi rapporti dovuti a contrasti per dei lavori di ristrutturazione effettuati, nella villa a Trani di proprietà della moglie, dalla ditta del D’Introno.
Nardi ha spiegato inoltre che non c’è neppure l’ipotesi del reato di associazione a delinquere perché anche con l’ex pm Savasta non c’erano rapporti amicali. Nardi avrebbe citato più episodi per dimostrare che con Savasta c’erano stati a Trani comportamenti e opinioni molto divergenti tali da deteriorare i loro rapporti.
Savasta, che era assistito dagli avvocati Massimo Manfreda di Brindisi e Guido Calvi, invece, ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere. Una scelta, hanno spiegato i suoi avvocati, motivata con la necessità di leggere e valutare con attenzione tutta la documentazione dell’inchiesta per fornire successivamente risposte precise capaci di dissipare ogni dubbio anche al magistrato inquirente, Roberta Licci, che ha ottenuto, ritenendola necessaria, la carcerazione dei tre accusati. (R.T.)
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