Gli ospedali pugliesi costano più di quanto producono. La Regione Puglia ha deciso la chiusura per alcuni e il declassamento per altri. La provincia più penalizzata è Brindisi.
Di seguito il testo integrale con cui Giovanni Gorgoni, direttore del Dipartimento Promozione della Salute, ha illustrato il Piano di Riordino della rete ospedaliera pugliese che prevede chiusura di alcuni ospedali e molti declassamenti. La provincia più penalizzata è Brindisi. Il Piano di Riordino della rete ospedaliera nasce dall’esigenza di adeguare tutti gli ospedali italiani a standard omogenei di assistenza, qualità, sicurezza, efficacia ed efficienza. Il Piano della Regione Puglia parte, essenzialmente, da due importanti punti di riferimento: decreto ministeriale 70 del 2015; Legge di Stabilità del 2016.
Il decreto 70/2015 propone una classificazione delle strutture ospedaliere, prevede bacini di utenza minimi e massimi per disciplina, volumi ed esiti di ricovero, standard di qualità, standard organizzativi tecnologici e strutturali, definisce le reti ospedaliere e dell’emergenza-urgenza e qualifica i percorsi di continuità assistenziali ospedale-territorio. In particolare, il decreto prevede 3 tipi di ospedale a complessità crescente: di base con 72/80 posti letto, di primo livello con 220/240 posti letto e un DEA (Dipartimento di Emergenza e Accettazione) di I livello, e di secondo livello con più di 450 posti letto e un DEA di II livello.
I bacini di utenza per disciplina, pur tenendo conto delle eccellenze consolidate, definiscono alcuni importanti parametri di riferimento: lo standard nazionale prevede 3,7 posti letto per mille abitanti mentre il dato pugliese è di 3,4, un massimo di 160 ricoveri annui ogni mille abitanti e in Puglia il dato è di 158, un tasso di occupazione dei posti letto del 90 per cento mentre la nostra regione non supera l’82 per cento, un numero di giorni di ricovero inferiore a 7 per i casi ordinari mentre la Puglia ha una media di 7,6 giorni di ricovero. I bacini di utenza, inoltre, prevedono un bacino massimo e un bacino minimo per le diverse discipline che devono essere rispettati, facendo riferimento sia alle strutture pubbliche che a quelle private: per esempio, per la cardiochirurgia è stato previsto un bacino massimo di un milione e 200mila abitanti e un bacino minimo di 600mila abitanti e quindi è possibile prevedere per la Puglia che ci siano un numero di reparti che va da un minimo di 3 a un massimo di 7.
I volumi e gli esiti di ricovero rispondono a una regola, provata scientificamente, molto semplice: chi fa di più, fa meglio. Il decreto quindi prevede standard precisi di volumi e di rischio/esito per 7 procedure (colecistectomia laparoscopica, intervento chirurgico per la frattura del femore, taglio cesareo, angioplastica coronarica percutanea, by pass aorto-coronarico, valvuloplastica o sostituzione valvola). In Puglia gli ospedali che raggiungo più obiettivi sono Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (9 obiettivi), il Policlinico di Bari e gli Ospedali Riuniti di Foggia (8 obiettivi), l’ospedale San Paolo di Bari, il Perrino di Brindisi, il Vito Fazzi di Lecce e il Miulli di Acquaviva (7 obiettivi). Dunque la lettura per parametri delle performance ospedaliere permette di mettere in evidenza criticità (alcune più significative, altre più lievi) e punti di forza.
La legge di Stabilità 2016 ha definito alcuni parametri da rispettare. Entro il 30 giugno la Regione deve individuare le aziende ospedaliere e gli istituti di ricovero e cura che presentano almeno una delle seguenti condizioni: uno scostamento tra costi e ricavi del 10 per cento o pari a 10 milioni di euro e il mancato rispetto dei parametri di volumi, qualità ed esiti delle cure. La struttura che presenti almeno una delle due condizioni va in piano di rientro triennale: il mancato rientro nei parametri comporta la decadenza del Direttore Generale. Nel 2017 la stessa norma sarà estesa ai presidi ospedalieri di Asl.
In Puglia il costo totale dell’assistenza sanitaria - dato 2014 che non deve essere superato - ammonta a 3,6 miliardi di euro: 1,82 miliardi sono assorbiti dagli ospedali, 830 milioni vanno a aziende ospedaliere e Irccs, 700milioni ai privati accreditati e 220 milioni alla mobilità passiva. La rete pubblica è costituita da 8.412 posti letto per un costo totale di 2miliardi e 679milioni di euro mentre la rete privata è costituita da 4.893 posti letto e ha un costo totale di 699milioni di euro. Il costo medio del posto letto pubblico è di 318mila euro mentre il costo medio dell’assistenza ospedaliera privata ammonta a 143 milioni di euro: bisogna però considerare che in questo ultimo caso la media è fortemente influenzata dal basso costo delle Casa di Cura che non svolgono attività di emergenza-urgenza. Un buon parametro di riferimento possono essere gli enti ecclesiastici che hanno un costo per posto letto di 169 mila euro e svolgono eterogenea attività di emergenza-urgenza.
L’analisi dei dati mette in evidenza che , cioè in tutti i casi i costi superano in maniera significativa i ricavi: le percentuali di costo oscillano da 59 a 65 per cento mentre quelle dei ricavi si assestano tra il 35 e il 43 per cento. L’approfondimento analitico dei costi, svolto utilizzando il banchmark Nisan, ha messo in evidenza che il costo del personale nelle strutture pugliesi è superiore a quello di altre realtà italiane: il parametro ottimale di riferimento prevede un costo del personale del 51 mentre per la Puglia i costi sono del 52 per cento (Taranto), 55 per cento (Brindisi), 57 per cento (Foggia), 59 per cento (Lecce) e 61 per cento (Bat e Bari). Il costo del personale – vero parametro per la realizzazione di qualsivoglia rete ospedaliera – non può superare il limite massimo della spesa 2004 diminuita del 1,4 pe cento: sommando la spesa effettiva e quella residua (cioè quella relativa alle assunzioni soggette a deroghe) si ottiene un totale di 2.398 milioni di euro. Al momento, il 68 per cento dei costi del personale viene utilizzato per gli ospedali mentre al territorio resta il 32 per cento.
In base alle prime simulazioni fatte sulla scorta di anticipazioni ministeriali sui criteri di calcolo di sforamento economico, da quest’anno con buona probabilità le due aziende ospedaliere e i due istituti di ricovero e cura della regione Puglia andranno in piano di rientro. I presidi di Asl hanno una situazione talmente critica che, nonostante la legge di Stabilità rimandi al 2017 l’eventuale piano di rientro, si rende necessario avviare già nel 2016 il percorso di risanamento per avere almeno un quadriennio di lavoro.
Per la definizione della rete ospedaliera, questa Regione ha avviato una interlocuzione attiva con le Direzioni Generali alle quali sono stati forniti criteri omogenei di valutazione. Il lavoro di definizione della rete parte dalle indicazioni normative già analizzate e da alcuni punti fermi: i centri nascita devono avere 1000 parti annui e la rianimazione, deve essere rispettata la classificazione ministeriale degli ospedali, tutti i reparti e i servizi devono avere un numero di operatori adeguato a rispondere agli standard assistenziali di legge, tenendo conto anche delle novità in termini di turnistica dei lavoratori e mantenendo invariato il costo del personale allo storico 2014.
L’esito dell’applicazione dei criteri descritti e dell’interlocuzione con le Direzioni Generali ha determinato un risultato di massima che prevede la sostenibilità per 31 ospedali – rispetto agli attuali 40 - tra ospedali di base (17), ospedali di primo livello (9), ospedali di secondo livello (5).
In particolare per la provincia di Foggia si passa da 5 a 4 ospedali di cui 3 di base e 1 di secondo livello, per la provincia Bat si passa da 5 a 3 ospedali di cui 1 di base e 2 di primo livello, per la provincia di Bari si passa da 12 a 10 ospedali di cui 6 di base, 3 di primo livello e 1 di secondo livello, per la provincia di Taranto si passa da 6 a 5 ospedali di cui 3 di base, 1 di primo livello e 1 di secondo livello, per la provincia di Brindisi si passa da 6 a 3 ospedali di cui 1 di base, 1 di primo livello e 1 di secondo livello, per la provincia di Lecce restano invariati 6 ospedali di cui 3 di base, 2 di primo livello e 1 di secondo livello.
I passaggi successivi prevedono una condivisione con tutti gli interlocutori per la definizione dei dettagli: il 29 febbraio 2016 dovrà essere adottato il provvedimento definitivo.
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